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Su sesso, amore, natura e cultura
By admin | Settembre 9, 2008
Alcuni stralci dal libro di Nadia Fusini, Uomini e donne. Una fratellanza inquieta, Donzelli, Roma, 1995 (lei è la bravissima traduttrice di Virginia Woolf, studiosa shakespeariana e lacaniana).
“Perché, è evidente: io nasco con un organo sessuale, quello è il mio sesso. Ma la mia sessualità non è un dato che resta inscritto in quel fondamento anatomico. Quel che è davvero interessante è quel che ne farò di quell’appartenenza biologica; quanto giocherà, ad esempio, nella mia adesione o meno ai modelli culturali che su tale differenza si sono storicamente costituiti. Non è da lì che possiamo trarre, uomini e donne moderni, un orientamento o un destino. Neppure l’indicazione di un compito. L’etica, l’ontologia non si determinano per gli uomini e le donne di oggi in rapporto a un destino da realizzare, o a un compito da assolvere in base a una determinazione biologica. Non siamo, ripeto, animali; e a differenza di loro, che hanno la propria immagine dentro, a noi l’immagine viene da fuori, è un riflesso. E’ specchiandoci l’uno nell’altra che ci riconosciamo. Se siamo maschi e femmine, lo sapremo dall’altro. E ciò che potremo fare e essere a partire da questo si inscrive oggio nell’orizzonte della nostra libertà.
Tra le libertà che abbiamo immaginato per noi uomini e donne moderni c’è quella di poter scegliere la nostra sessualità, invece che accoglierla come una marcatura biologica. Con la nostra fantasia, il nostro linguaggio, siamo intervenute, in particolare noi donne moderne, sulla nostra sessualità, e ne abbiamo fatto uno stile, non un fatto di natura. Ci scopriremo, abbiamo pensato, maschio o femmina, se prenderemo di fronte all’altro la posizione della parata o della mascherata. […]
I due versanti, maschile e femminile, della sessualità sono, in questo senso la direzione o la piega, che il mio (il suo) corpo animaleprende in relazione al proprio godimento rispetto a un altro essere di sesso opposto, o simile, non importa; perché in questo caso domina incontrastato il fantasma. E’ così che la realtà del sesso si intesse a una trama di immagini e parole, grazie alle quali la nostra presenza di corpo è introdotta, attraverso una torsione inevitabile, a un registro non più naturale. ma immaginario, appunto.
Tanto sappiamo: hanno ucciso in noi una volta per tutte l’animale. Non siamo più semplici. Il sesso in noi non ha voce. Se parla, è per declinarsi in una grammatica stentorea dei generi e dei ruoli tanto più stereotipi, quanto più “innaturali”. Non c’è donna più “femminile” di un travestito. La maschera meglio la indossa chi non può far altro che fingere. Ma mettendo il corpo in maschera, salveremo l’anima?”
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